giovedì 5 novembre 2009

Ecco alcuni degli argomenti di cui ci piacerebbe discutere

Scuola pubblica
Di fronte ai cambiamenti in corso nella scuola italiana, sentiamo l’esigenza di una riflessione che parta dalla realtà che si è determinata in questi ultimi anni, e provi a ricostruire un sistema di valori al cui centro ci sia un’idea di scuola come ‘lo’ spazio di crescita della società, esercitando una critica radicale all’idea di scuola subalterna, aziendale e nemica della cultura come quella che si sta avanzando.

Continuità didattica
Si tratta del principio per cui agli alunni, alla scuola, fa meglio cambiare pochi insegnanti e che è sicuramente un bene che un insegnante abbia un rapporto con una classe che sia il più possibile duraturo, sia per la trasmissione dei rudimenti di una disciplina, sia per la qualità dell’apprendimento, in cui i risvolti relazionali giocano un ruolo fondamentale. Eppure questo principio è oggi seriamente messo in discussione e la continuità è sempre di più un miraggio.

Gestione delle supplenze
In tutti gli ordini di scuola vi è ormai un’emergenza supplenze che viene affrontata con ‘rimedi’ vari: le classi vengono divise o accorpate in spregio alle regole sulla sicurezza, oppure affidate ai bidelli (come se non avessero già abbastanza da fare, visto che sono sempre di meno) o lasciate semplicemente sole. ‘Soluzioni’ già viste che quest’anno sono all’ordine del giorno e a cui si affiancano novità sconcertanti come l’invito, completamente fuorilegge, in alcune scuole elementari di utilizzare per le supplenze le ore di programmazione.

Compresenze
Nella scuola della meritocrazia e del voto in decimi, sembra che debbano sparire, come per incanto, tutte le difficoltà degli alunni: i più fragili, i più deboli saranno semplicemente più soli. Tutte le attività di recupero e di sostegno, garantite prima da alcune ore di compresenza in classe di due insegnanti, sono ora fortemente limitate: le compresenze sono diventate uno spreco che deve essere eliminato.

Sicurezza
Quello della sicurezza è un argomento centrale e estremamente delicato. Vari sono gli aspetti dei nuovi provvedimenti che suscitano perplessità:
  • aumento del numero di alunni per classe
  • diminuzione del personale ATA ai piani per gestire entrate e uscite, accompagnare i bambini al bagno, vigilare, garantire, anche se solo in parte l’igiene e la pulizia
  • accorpamento di classi o divisione degli alunni in altre classi in mancanza di un docente
  • sicurezza degli edifici
  • mancanza di manutenzione, aggravata negli ultimi anni da tagli dei finanziamenti alla scuola pubblica.

Uscite didattiche
Ancora sicurezza. Perché le uscite possano essere effettuate, è necessaria la presenza di un insegnante ogni 15 alunni: con l’eliminazione delle compresenze è più difficile realizzarle. La prassi consolidata delle uscite didattiche, come modalità diversa di insegnamento e apprendimento, è fortemente messa in discussione. Ma la didattica sembra non essere al centro della riflessione sulla scuola. L’unica preoccupazione è che i conti tornino.

Attività alternativa alla religione
Nella generale diminuzione dei diritti, e di fronte alla messa in discussione della stessa attività didattica ordinaria non è marginale ribadire il diritto a un tempo scuola di qualità per chi non si avvale dell’insegnamento dell’educazione cattolica. Sempre più spesso le scuole non riescono a garantire un insegnamento alternativo alla religione: nei casi più fortunati gli alunni devono lasciare la propria classe e seguire le lezioni su argomenti imprecisati in spazi improvvisati come i corridoi, nei casi peggiori vengono parcheggiati in altre classi e lasciati a loro stessi. Così, nella scuola secondaria, gli studenti sono lasciati soli a svolgere attività di studio individuale, cioè a vagare per la scuola, quando, come spesso accade, non ci sono spazi disponibili per accoglierli. Sono sempre più rare le scuole che offrono un’attività alternativa degna di tale nome.

Rivalutazione della figura del "lavoratore" della scuola
Ormai da diversi anni ha avuto luogo una progressiva svalutazione della figura di quanti lavorano nella scuola. Gli insegnanti, cui pure tutti affidano i propri figli per diverse ore al giorno, godono di uno scarso riconoscimento sociale e sono considerati dei privilegiati che lavorano poco, che hanno "tre mesi di vacanze l'anno" etc. etc. Si notano facilmente le loro eventuali carenze, ma si dà per scontato quanto di buono realizzano ogni giorno, con impegno e professionalità. Allo stesso modo, il lavoro del personale ATA, dai bidelli a coloro che prestano servizio nelle segreterie, è da un lato poco conosciuto, dall'altro poco considerato.
Riconoscere la dignità di questo lavoro nella difficile società attuale e nella scuola di oggi, tagliata in mille modi, ci sembra una priorità. Si parla tanto di meritocrazia, ma poi sono pochissimi gli strumenti reali per valutare ed apprezzare, ad esempio, la qualità del lavoro dei docenti che, di là dalle ore svolte in classe, hanno spesso un carico di lavoro non indifferente e che resta assolutamente ‘sommerso’. Aprire una discussione su questo argomento è fondamentale perché la scuola è fatta da chi ci lavora (dagli studenti ai bidelli) e non può esistere una scuola di qualità se chi la fa è, per vari aspetti, squalificato.

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