domenica 24 ottobre 2010

Ultima settimana per adottare le Liste "In difesa della scuola pubblica e statale (manifesto della buona scuola)"

La scadenza per la presentazione delle Liste è il 30 ottobre.

Si ricorda che ciascuna lista può contenere da un minimo di un candidato ad un massimo di candidati pari al doppio di quelli che può eleggere: per genitori e studenti quindi da un minimo di uno ad un massimo di otto; per i docenti da un minimo di uno ad un massimo di sedici. L'importante è realizzare il maggior numero di Liste "In difesa della scuola pubblica e statale (manifesto della buona scuola)"
Intanto continuano riunioni ed assemblee nelle scuole per verificare se esistono le condizioni per presentare tali Liste.

LISTA “In Difesa della Scuola Pubblica e Statale”

(Manifesto della Buona Scuola)

Il diritto allo studio uguale per tutti, senza distinzione di razza, religione o sesso è uno dei pilastri su cui si fonda una società civile e la nostra Costituzione all’art. 34 sancisce questo diritto universale.

La partecipazione agli Organi Collegiali è strumento di alta democrazia all’interno della Scuola.

“La scuola pubblica è espressione di unità, di coesione, di uguaglianza civica…” (da un discorso di Piero Calamandrei del febbraio 1950)

Diritti + Democrazia = Scuola Pubblica = Buona Scuola

In questo momento storico in cui assistiamo ad un attacco continuo ed incalzante alla Scuola Pubblica, con sottrazione di risorse economiche ed impoverimento di contenuti e qualità, riteniamo che dare forza agli Organi Collegiali sia di fondamentale importanza e rappresenti un diritto/dovere contro la minaccia di trasformazione delle scuole di ogni ordine e grado in fondazioni.

Per questo vogliamo:

Ø Impegnarci con una partecipazione assidua e concreta al Consiglio d’Istituto e assicurare la massima informazione sul suo operato

Ø Essere in continuo contatto con i comitati studenteschi e dei genitori per arricchire la discussione con i loro contributi

Ø Controllare la trasparenza del bilancio

Ø Vigilare sul corretto impiego del contributo volontario ed impegnarci con azioni per il recupero dei crediti al fine di poter azzerare o almeno diminuire la quota a carico delle famiglie

Ø Controllare la spesa per i testi scolastici e proporre iniziative alternative volte a contenerla (ad es. comodato d’uso, autoproduzione di dispense, testi in formato elettronico)

Ø Vigilare sul rispetto della normativa sulla sicurezza (in particolare sullo stato degli immobili e sul numero di alunni per classe)

Ø Difendere il tempo scuola e la pluralità dei docenti (per scuola elementare e media)

Ø Collaborare alla formazione del Pof ed altre attività finalizzate a garantire la qualità e la continuità della didattica (criteri di formazione delle classi, di redazione dell’orario, dell’assegnazione dei docenti, modalità di ricevimento degli insegnanti, etc)

SOSTENIAMO TUTTI INSIEME LA SCUOLA PUBBLICA E STATALE

martedì 19 ottobre 2010

Parte l'era della scuola Spa. Privatizzare edilizia, mensa e aggiornamento dei docenti

DA: ORIZZONTE SCUOLA:

Dalla "scuola azienda" alla "scuola gestita da un'azienda". Un passo avanti. La notizia apparsa sul Sole24Ore ha svelato il senso delle parole della Gelmini [1] pronunciate durante l'informativa sull'inizio dell'anno scolastico, quando il ministro ha annunciato la possibilità di fondi ''anche da enti privati'' per affrontare l'emergenza soprattutto dell'edilizia al Sud. L'emergenza potrebbe essere affrontata consegnando ad una Spa la proprietà degli edifici scolastici. Sicuri sia un buon affare per il Sud?

Una operazione dalla portata storica che consegnerebbe nelle mani di una società privata la proprietà degli edifici che verrebbero affittati agli enti locali.

Ma andiamo oltre, facciamo qualche ipotesi. Chi saranno questi azionisti della "Scuola SPA"? Facile intuire che si tratterà di
soggetti del Nord che possiederanno le scuole anche del Sud e ai quali si pagheranno gli affitti, con soldi pubblici.

In base a cosa si deciderà il canone di affitto? Qui bisognerà fare utile, è chiaro che maggiori saranno le spese di gestione della scuola, maggiore sarà il canone. E chi non potrà permettersi di pagare l'affitto? Si pensi agli indebitati enti locali del Sud.

Sicuri che sia un buon metodo per risolvere il problema dell'edilizia scolastica, soprattutto al Sud (per citare Tremonti e Gelmini)?

No! Soprattutto se non sarà colmato il gap nell'edilizia tra Nord e Sud, attraverso investimenti provenienti dai fondi Fas (che spettano al Sud per definizione) o attraverso fondi provenienti da un fondo di perequazione per le infrastrutture da prevedere nella legge finanziaria (attualmente negato). Quindi consegnare, se proprio non se ne può fare a meno, nelle mani di Spa regionali (con le regioni come azionisti di maggioranza), e non di un'unica "nazionale" (con azionisti
esclusivamente padani), la proprietà delle scuole. Forse così potrebbe essere un "buon affare" anche per il Sud.

domenica 3 ottobre 2010

Sindacati uniti in piazza

Il Fatto Quotidiano, domenica 26 settembre.
Marina Boscaino

Ci pensate? Da più di 2 anni la scuola italiana è in mobilitazione permanente. Vuoi nelle modalità collaborative e collegiali che
appartengono alla bella cultura della scuola primaria, vuoi nella dimensione sfrangiata e quasi balbettante -spesso individuale - che ormai da tempo caratterizza la superiore, la scuola protesta.
È vero, sono stati i precari a restituirle la dignità del risveglio da lungo torpore; dallo stato di acquiescenza passiva che ne ha caratterizzato gli ultimi anni e ha confermato pericolose tendenze a divorare energie volontaristiche, entusiasmi a costo 0, che hanno tenuto a galla il sistema dell'istruzione, punte di diamante di una professionalità in declino, costretta da scelte bipartisan – prima tra tutte l'autonomia degli istituti – a convertire genuine vocazioni didattiche a logiche del mercato e a
improvvide dimensioni pseudo-manageriale.
Elemento neutro per gli strateghi del MIUR – Gelmini, nonostante interrogazioni parlamentari, scioperi della fame, scuole al collasso continua nel suo silenzio autoreferenziale, confrontandosi solo con media compiacenti o interlocutori fidati -, la protesta ha riattratto la parte della società civile che avverte il disagio (attraverso le “disavventure” dei figli incappati nella “epocale riforma” o per sensibilità all'agonia del più grande potenziale di crescita e uguaglianza di un Paese civile e democratico) del presente. Varie le strategie di sensibilizzazione dei collegi docenti più motivati e responsabili: è bene, infatti, che più “utenti” (sic!) possibile capiscano che i tagli sul sistema-scuola non sono soltanto l'allontanamento
coatto di 140.000 donne e uomini senza nome e volto. Ma si abbattono tragicamente sul funzionamento delle scuole.
Non sto parlando di bonifica dall'amianto o messa in sicurezza degli istituti: sono progetti per un altro mondo, un'altra vita. L'impoverimento nella scuola di tutti i giorni si tocca con mano: -72.4% i fondi per le supplenze; -50% i fondi per didattica e amministrazione; -25% per le pulizie. Il debito che il ministero ha contratto con gli istituti ammonta a 1,5 mld. Le scuole sono al collasso e si sostengono con gestioni virtuose dei pochi fondi che arrivano e al cosiddetto “contributo volontario” delle famiglie, che ormai è una tassa (anche se non si configura come tale), di ammontare variabile e oggi sempre più adoperata per la gestione ordinaria. Che cosa succederebbe se – improvvisamente – le famiglie italiane decidessero di appellarsi alla “volontarietà” del pagamento e smettessero di versare, è facilmente immaginabile. Altrettanto immaginabile è cosa
succederà se – come si sta proponendo – i docenti decideranno di smettere di fare attività aggiuntive; non accettare più nelle proprie classi studenti privi di sorveglianza di un docente assente; non organizzare viaggi di istruzione; non aumentare il proprio orario contrattuale assumendosi gli spezzoni precedentemente assegnati ai precari, motivati e non sovraccarichi delle canoniche 18 ore: è questa, infatti, la faccia più triste della strategia di “risparmio” che vari dirigenti scolastici attuano in
mancanza di nomine. Il collasso definitivo, ecco cosa succederebbe. E l'impoverimento dell'offerta formativa andrebbe a ricadere in primo luogo sugli alunni. Ecco la consapevolezza di un governo che sta facendo leva sulla sindrome del volontariato da cui molte scuole e molti docenti sono affetti.
Perché dovremmo cercare di attutire il disagio, di nascondere le
difficoltà, che la “cura da cavallo” Gelmini-Tremonti ha creato nelle scuola e che si amplificano di anno in anno? È davvero civicamente responsabile ammortizzare i colpi del malgoverno e dello spregio che questa classe dirigente ha per la scuola pubblica? Io una risposta l'avrei. E molti che come me in questi anni si sono mobilitati. Chiediamo ai più sensibili interlocutori dei lavoratori della scuola – la Cgil, i Cobas e altri sindacati di base– di trovare punti di convergenza per una giornata di
sciopero unitario. Quelli che firmano ai tavoli, quelli che hanno chiuso un occhio e poi tutti e due rispetto all'arbitrio e alla dismissione, non ci interessano. È ora di silenziare vecchi dissapori e antichi attriti. E prepararsi a fronteggiare – insieme - emergenze immediate e progetti di attacco a libertà di insegnamento e diritto alla dignità del lavoro. Tutta la scuola democratica si impegni a condurre con maggiore unità le proprie convinte battaglie di principio, spesso condivise. È l'esigenza di moltissimi.