domenica 19 dicembre 2010

A SCUOLA VIETATO CRITICARE

A SCUOLA VIETATO CRITICARE

Il diritto di critica nei riguardi dell'amministrazione per i lavoratori della scuola è stato pesantemente soffocato dalla circolare 88 arrivata in questi giorni nei vari istituti della penisola. Nuove disposizioni che, al di là della riformulazione per tutti i comportamenti lesivi degli obblighi di lavoro - comunicazioni tempestive di malattie, ricostruzione veritiera della carriera, false attestazioni di presenza sul posto di lavoro - inseriscono nella casistica anche sanzioni per «gravi condotte o molestie o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell'onore e della dignità personale altrui». Tradotto significa che se durante un Collegio docenti, una riunione sindacale in orario di lavoro o nei lavori del Consiglio d'Istituto ci si azzarda a criticare, naturalmente motivando, un aspetto dell'organizzazione del lavoro, il ministro, la burocrazia locale oppure il preside della scuola, sarà possibile essere sanzionati in base alla nuova normativa introdotta con il decreto legge 27 ottobre 2009, che è stato trasformato in legge definitiva e pubblicato recentissimamente sulla Gazzetta ufficiale.
Sanzionati come? Da un richiamo verbale siano a dieci giorni di sospensione dal lavoro, e di sospensione dallo stipendio, dal preside della scuola. Oltre tale limite, dagli appositi uffici disciplinari della zona dove si è consumato il misfatto. Non sono ammessi ricorsi a organi arbitrali, che sono stati aboliti. Si può, in pratica, solo ricorrere al giudice ordinario. E sappiamo bene quali sono i tempi per una definizione di una causa in tribunale, anche civile. Il malcapitato può così solo sperare nella "clemenza della corte": preside od ufficio che sia. E' ammessa solo una difesa, orale o scritta, che sarà vagliata ad insindacabile giudizio dall'organo che decide sul caso. In aggiunta si introduce per legge anche una pelosa ricerca di collaborazione, leggi delazione, dato che chi fosse a conoscenza di notizie utili per la condanna e non lo dicesse potrebbe esser sanzionato a sua volta per un massimo di quindici giorni, sempre con la sospensione dello stipendio.
Neppure i canoni del liberalismo che esaltano la democrazia, la dialettica, la trasparenza, vengono rispettati da chi si dice difensore della libertà di giudizio. Assenza di critica lesiva (cosa vorrà mai dire?); insindacabilità ed inappellabilità per ogni livello di giudizio; esortazione forzata alla delazione. Insomma il sublime della filosofia giuridica riunito in un'unica norma. Da andarne fieri. E pensare poi che tali comportamenti a cascata vanno ad interessare gli ultimi fruitori dell'istituzione scolastica, che avranno davanti a sé insegnanti sempre più annichiliti, nei quali la dignità umana vien sempre più calpestata, per avere una classe di lavoratori proni al nulla ministeriale. La scuola, che dovrebbe insegnare l'importanza della libertà di giudizio e di discussione, costretta in limiti giuridici da basso impero.
Altra possibilità: anche tale normativa sparirà nel cestone delle normative scolastiche, un ginepraio di difficile interpretazione ed apparirà così come una delle tante "grida manzoniane" che nessuno farà mai applicare. Ma anche in questo caso ci si può chiedere a che pro siano state fatte. Come la si giri, una brutta pagina per la scuola, che è intenta ad arrabattarsi per la sua sopravvivenza in presenza di una continua riduzione di fondi per il suo normale funzionamento.

Claudio Dominech

http://claudiodominech.blogspot.com/2010/11/quando-italia-fa-rima-con-somalia.html

sabato 11 dicembre 2010

L’ARABA FENICE: CITTADINANZA E COSTITUZIONE

Il 28 Ottobre 2010, sulla Home page del Miur, e`apparsa la scritta “Cittadinanza e Costituzione”. La stessa scritta, come avviene per le comunicazioni importanti, era anche riportata nel settore “Istruzione”, accompagnata dal sottotitolo esplicativo: “indicazioni in merito all’introduzione dell’insegnamento di ‘Cittadinanza e Costituzione’ nel nostro sistema scolastico”. C. M. … (il numero della circolare manca

proprio nel sito, dove ‘cliccando su leggi tutto’ si e` rinviati a un altro sito hubmiur.sidi.mpi.it nel quale, della C.M. non si trova traccia e la ricerca in ogni caso risulta complessa e difficile).

Si riapre, dunque, o forse si chiude, una vicenda che viene da molto lontano, che ha attivato interessanti problematiche di ordine epistemologico e didattico e che ha fatto sperare, almeno all’inizio del suo incarico, in una dimensione “costituzionalista” della futura azione del Ministro Gelmini.

Infatti l’art. 1 della legge 169 del 30.10.2008, di conversione del D. Lgs. n. 137 dell’1.09.2008 stabiliva che: a decorrere dall’inizio dell’anno scolastico, oltre a una sperimentazione nazionale… sono attivate azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale finalizzate all’acquisizione, nel primo e nel secondo grado, delle conoscenze e delle competenze relative a Il neo-Ministro dimostrava cosi` la volonta` di riproporre nelle scuole di ogni ordine e grado l’importanza dell’insegnamento dell’educazione civica, generalmente trascurata nella scuola, ancorandola pero`, e questo era l’elemento forte e innovativo, allo studio e alla conoscenza della Carta

Costituzionale. Era davvero un bel segnale! Tale segnale conobbe una continuita` significativa in due successivi provvedimenti: il primo - l’atto di indirizzo del 4 Marzo 2009 per la sperimentazione dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, ricco, per altro, di riferimenti storici ai tentativi di istituire un insegnamento di educazione civica nella scuola che rivelano successi,intuizioni nobili e soluzioni ingegnose,ma anche vari insuccessi; il secondo - il Decreto costitutivo del Gruppo di lavoro per la sperimentazione nazionale di Cittadinanza e Costituzione, formato da illustri esperti, che nella ‘premessa’ fa riferimento a un precedente decreto, il n. 55 del 21.10.2008, con il quale era stato costituito un gruppo di lavoro presieduto dal Prof. Luciano Corradini, Universita` di Roma Tre, con compiti di studio, analisi, proposte e consulenza tecnico. Il Prof. Corradini faceva parte anche del gruppo del 4 Marzo 2009 ed e` evidente che, nel nuova struttura di lavoro, porto` la sua cultura, il suo riconosciuto carisma e gli esiti della esperienza specifica maturata nel gruppo dell’Ottobre 2008. Ma questa volta la presidenza fu affidata al Capo Dipartimento per la programmazione e gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali presso il Ministero. L’idea di Cittadinanza e Costituzione trovo` un’accoglienza entusiasta: migliaia di progetti, elaborati dalle scuole, furono presentati all’ANSAS che, con provvedimento del 17 maggio, era stata incaricata dal Ministro di curare un bando di concorso fra scuole prevedendo di assegnare alla scuola vincitrice un premio in denaro. Il tutto con un’elaborazione in tempi assai ristretti e a ridosso degli scrutini. Questo conferma, se ce ne fosse bisogno, l’interesse e la grande disponibilita` a impegnarsi su contenuti significanti, chele scuole ancora una volta dimostrarono di possedere. Si prescindeva, ovviamente, dal “premio finale”! Sembrava che tutto procedesse per il meglio. Ma non fu cosi`! Qualche giornale comincio` a esprimere valutazioni critiche sostenendo che l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione finisse col caratterizzarsi come una specie di “catechesi” e d’indottrinamento sul “valore” dello Stato, mettendo in discussione la dimensione essenzialmente ‘laica’ della scuola. Punto di vista rispettabile ma che, certamente, contribui` a scelte successive che segnarono chiaramente un’inversione di tendenza: contrariamente a quanto avvenuto all’inizio dell’anno scolastico 2008/2009, quando, come lo stesso Ministero afferma (10.09.2009), fu “introdotta una nuova disciplina in tutte le scuole di ogni ordine e grado, che oltre ai temi dell’educazione civica, comprende anche l’educazione ambientale, l’educazione alla legalità, i valori del volontariato e l’educazione stradale”, nelle novita` introdotte nell’anno scolastico 2009/2010 non si fa riferimento a questa disciplina, nè alla sua sperimentazione. Si fa anche sparire dall’home-page del sito ministeriale l’icona di Cittadinanza e Costituzione. Lentamente si lascia cadere la “cosa” e delle questioni aperte dalla Legge 169/08 non si parla piu`.

Eppure la Costituzione, nell’allegato alla Direttiva Ministeriale 08.02.96 n.38 - “Nuove dimensioni formative, educazione civica e cultura costituzionale”, e` cosi` definita: “La Costituzione è una specie di “giacimento” etico, politico e culturale per lo più sconosciuto, che possiede la singolare caratteristica di fondare in una visione unitaria i diritti umani e l’identità nazionale, l’articolazione autonomistica e l’apertura sovranazionale”. Nessuno, tuttavia, si curava piu` di Cittadinanza e Costituzione. Al Ministero incombevano nuovi obblighi, quelli della riforma “epocale”. Ma c’era occasione migliore della riforma, per un inserimento sistematico dell’insegnamento di Cittadinanza e

Costituzione, nei diversi curricoli ? La riforma e` stata varata e di Cittadinanza e Costituzione nei curricoli non c’e` traccia. E ora la beffa del 28 Ottobre, con un provvedimento che da` alle scuole indicazioni per l’insegnamento di una materia che non c’e`. Non ci aspettavamo dal Ministro sensibilita` pedagogiche e didattiche, ma sicuramente, la volonta` politica di decidere positivamente su di una problematica certamente complessa ma, che Lei stessa, aveva aperto con la Legge 169/2008. Preferiamo pensare che non l’abbia fatta “politicamente” e non che abbia scelto scientemente di “non fare”, in ossequio a chi pensa che la Costituzione della Repubblica sia soltanto un “pezzo di carta” e che, a conferma di tale pensiero, (?) ne fa scempio quotidiano.

Giuseppe Capilli, g.capilli@libero

Dirigente Scolastico (Messina)

venerdì 10 dicembre 2010

Nella scuola pubblica si impara di più L'Italia in basso per colpa delle private

La lettura approfondita dei dati OCSE PISA resi noti qualche giorno fa dimostra che senza le paritarie il nostro Paese scalerebbe le tre classifiche (Lettura, Matematica e Scienze) anche di dieci posizioni

di SALVO INTRAVAIA
La scuola pubblica italiana sta meglio di quello che sembra, basta leggere correttamente i dati. Sono le private la vera zavorra del sistema. Almeno stando agliultimi dati dell'indagine Ocse-Pisa 1 sulle competenze in Lettura, Matematica e Scienze dei quindicenni di mezzo mondo. Insomma: a fare precipitare gli studenti italiani in fondo alle classifiche internazionali sono proprio gli istituti non statali. Senza il loro "contributo", la scuola italiana scalerebbe le tre classifiche Ocse anche di dieci posizioni. La notizia arriva nel bel mezzo del dibattito sui tagli all'istruzione pubblica e sui finanziamenti alle paritarie, mantenuti anche dall'ultima legge di stabilità, che hanno fatto esplodere la protesta studentesca.

"Nonostante i 44 miliardi spesi ogni anno per la scuola statale i risultati sono scadenti. Meglio quindi tagliare ed eliminare gli sprechi", è stato il leitmotiv del governo sull'istruzione negli ultimi due anni. E giù con 133 mila posti e otto miliardi di tagli in tre anni. Mentre alle paritarie i finanziamenti statali sono rimasti intonsi. Ed è proprio questo il punto: le scuole private italiane che ricevono copiosi finanziamenti da parte dello Stato fanno registrare performance addirittura da terzo mondo. I dati Ocse non lasciano spazio a dubbi. Numeri che calano come una mazzata sulle richieste avanzate negli ultimi mesi dalle associazioni di scuole non statali e da una certa parte politica. Questi ultimi rivendicano la possibilità di una scelta realmente paritaria tra pubblico e privato nel Belpaese. In altri termini: più soldi alle paritarie.

Un mese fa, nel corso della presentazione del XII rapporto sulla scuola cattolica, la Conferenza episcopale italiana ha detto a chiare lettere che in Italia manca una "cultura della parità intesa come possibilità di offrire alla famiglia un'effettiva scelta tra scuole di diversa impostazione ideale". Il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, ha anche sottolineato come, da un punto di vista economico, "la presenza delle scuole paritarie faccia risparmiare allo Stato italiano ogni anno cinque miliardi e mezzo di euro, a fronte di un contributo dell'amministrazione pubblica di poco più di 500 milioni di euro" e ricorda che "in Europa la libertà effettiva di educazione costituisce sostanzialmente la regola". Sì, ma con quali risultati?

Il quadro delineato dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico attraverso l'indagine Pisa (Programme for International Student Assessment) è impietoso. Il punteggio medio conseguito dai quindicenni italiani delle scuole pubbliche in Lettura e comprensione dei testi scritti è pari alla media Ocse: 489 punti, che piazzano la scuola pubblica italiana al 23° posto. Con le scuole private scivoliamo al 30° posto. Discorso analogo per Matematica e Scienze, dove il gap con la media dei paesi Ocse è di appena 5 punti: 492 per le statali italiane, che ci farebbero risalire fino al 25° posto, e 497 per i paesi Ocse. Mescolando i dati con quelli degli studenti che siedono tra i banchi delle private siamo costretti ad accontentarci in Scienze di un assai meno lusinghiero 35° posto.

Ma c'è di più: la scuola pubblica italiana, rispetto al ranking 2006, recupera 20 punti in Lettura, 16 in Scienze e addirittura 24 in Matematica. Le private, nonostante i finanziamenti, invece crollano. L'Ocse, tra gli istituti privati, distingue quelli che "ricevono meno del 50 per cento del loro finanziamento di base (quelli che supportano i servizi d'istruzione di base dell'istituto) dalle agenzie governative" e quelli che ricevono più del 50 per cento. E sono proprio i quindicenni di questi ultimi istituti che fanno registrare performance imbarazzanti: 403 punti in Lettura, contro una media Ocse di 493 punti, che li colloca tra i coetanei montenegrini e quelli tunisini.
(Da Repubblica online 10 dicembre 2010)

mercoledì 1 dicembre 2010

Parere CNPI sulla revisione delle classi di concorso


Premessa 

Con riferimento alla nota pervenuta in data 11/10/2010 di cui al prot. N.  AOODGPER9140 inerente la richiesta di unificazione dei pareri espressi dal CNPI nelle adunanze del 26/8 e del 6/10/2010 e l‟emanazione del prescritto parere sul testo originario approvato dal CdM in prima lettura il 12 giugno 2009, il CNPI precisa innanzitutto che detti pareri non possono essere riproposti alla lettera in quanto riferiti a una “bozza aggiornata di regolamento” inviata al CNPI in data 30/06/10 con prot. N. AOODGPER5288 e  contenente profonde modifiche. 
Tuttavia, il percorso compiuto da Ottobre 2009 ad oggi non può essere né sottaciuto,  né tanto meno vanificato, per cui le principali intese già raggiunte nel corso delle audizioni  con l‟Amministrazione saranno riprese, così come saranno riproposti i rilievi rappresentati  e le richieste di modifica già sollecitate, ferma restante la puntuale analisi delle norme regolamentari e dei relativi allegati cui rinvia la citata nota dell‟11/10/2010 . 
Per quanto attiene invece l‟articolazione del parere, il CNPI precisa che essa prevede  tre sezioni: la prima destinata a questioni di natura trasversale, la seconda all‟esame del regolamento, la terza alla disamina degli allegati, con l‟avvertenza che all‟interno della 
seconda e della terza sezione saranno riportati in modo distinto, i punti di intesa già raggiunti con l‟Amministrazione e le richieste avanzate, ma non accolte. 

1. Questioni di natura trasversale 
Il CNPI ritiene che il rinnovato profilo professionale dei docenti imponga la riconsiderazione delle politiche per la formazione e che queste debbano interessare sia la formazione iniziale che quella in servizio, essendo indispensabile assicurare a tutti gli aspiranti alla docenza una preparazione di profilo accademico ed ai docenti in servizio l‟opportunità di aggiornare le proprie competenze professionali alla luce dei percorsi di studio delineati con la recente riforma ordinamentale. 
Il CNPI rileva invece che il Regolamento in esame mostra chiari limiti circa le politiche per la formazione in quanto non solo non ridefinisce i titoli di accesso agli insegnamenti in considerazione dell‟emanando regolamento sulla formazione iniziale, ma glissa anche in materia di formazione in servizio. Infatti nell‟articolato non si riscontra alcun richiamo sia in ordine all‟esigenza di consentire agli insegnanti di cui alla tabella C, con incarico a tempo indeterminato ed in possesso del solo diploma di scuola superiore, di conseguire, qualora lo volessero, una formazione di livello universitario, sia sulla necessità di prevedere un
piano di spesa a sostegno della formazione in servizio di tutti i docenti e, in particolare, di quelli che, per effetto della introduzione delle nuove classi di concorso, possono essere destinati ad altro insegnamento. Al riguardo, si chiede il riesame dei titoli rilasciati sia 
dall‟Università che dall‟A.F.A.M., con riferimento alla tabella A; mentre, relativamente alla tabella C, si chiede la previsione dei titoli di accesso a livello post-secondario. 
Il CNPI non può inoltre esimersi dal rilevare che il regolamento, in assenza di una collocazione delle nuove classi di concorso nel più ampio quadro delle trasformazioni che interessano il ruolo sociale della scuola appare alquanto approssimativo nei suoi enunciati, ma anche evasivo, se non addirittura elusivo, in ordine al rapporto che si ritiene debba invece essere assicurato tra insegnamenti, titoli di accesso e formazione delle cattedre. 
E' appena il caso di far notare che, venuto meno ogni riferimento alla composizione delle cattedre, le confluenze e gli accorpamenti previsti appaiono alquanto sprovvisti delle garanzie di una stabile e certa loro efficacia, così come il mancato raccordo tra titoli di accesso, abilitazioni e materie di insegnamento rischia non solo di mettere a dura prova la professionalità dei docenti, ma pare destinata a generare equivoci e disorientamento all'atto della definizione degli organici. 
Il CNPI ritiene di conseguenza indispensabile una integrazione delle norme regolamentari e, nel contempo, sottolinea l‟urgenza di prevedere già nel regolamento una azione di monitoraggio finalizzata alla rilevazione dell‟efficacia degli insegnamenti sulla base della rinnovata articolazione delle cattedre e dei titoli di accesso all‟insegnamento, sulle cui modalità di conduzione e valutazione chiede il pieno coinvolgimento. 
Sarebbe altresì opportuno regolamentare anche aspetti meramente tecnici, quali quelli connessi agli insegnamenti cosiddetti atipici ed alla gestione delle graduatorie di classi di concorso oggetto di accorpamento. 
Infine una valutazione di merito ed una raccomandazione. In riferimento alla ventilata previsione di introdurre nel testo del provvedimento una norma relativa all'anagrafe dei docenti, il CNPI evidenzia innanzitutto che una sua eventuale collocazione nel Regolamento in esame non troverebbe alcuna espressione di legittimità. Esprime, inoltre, la sua contrarietà circa una eventuale introduzione di detta anagrafe, se destinata ad un utilizzo in contesti esterni all'Amministrazione, anche in altri provvedimenti. 
Per quanto attiene invece la raccomandazione, Il CNPI, in considerazione dei tempi indispensabili per la definitiva approvazione del provvedimento e di quelli previsti per la
definizione degli organici di diritto, rappresenta l‟opportunità di rinviare all'anno scolastico 2012/13 l‟applicazione delle nuove classi di concorso. Peraltro, una siffatta decisione consentirebbe di raccordare gli accorpamenti e le confluenze degli insegnamenti con 
l'emanando regolamento sulla formazione iniziale dei docenti e predisporre un organico piano di monitoraggio a garanzia della qualità dell‟istruzione ed a tutela dei diritti del personale docente. 


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