venerdì 27 maggio 2011

A proposito di INVALSI

I TAGLIATORI DI TESTE SONO ARRIVATI A SCUOLA

Premessa.

Poche volte negli ultimi 30 anni è stato possibile assistere ad una così formidabile esplosione di conoscenza e intelligenza collettiva come sta accadendo in questi giorninella scuola italiana. Gli insegnanti nel giro di alcuni mesi si sono messi a riflettere, astudiare spinti dal mare di fango che rischia di soffocare loro e la scuola pubblica nelnostro paese. Il canale attraverso il quale passa il fango è costituito dalle Prove Invalsi, ilsistema di quiz che non solo ha la pretesa di misurare gli apprendimenti degli studenti ma,andando su per li rami, dovrebbe arrivare a misurare, valutare, gerarchizzale le scuole e idocenti d’Italia.Il via lo hanno dato i professori delle scuole superiori che quest’anno, 2011, dovrebberoper la prima volata “somministrare” ai loro studenti e poi “correggere” i test a cui hannosottoposto i loro studenti. Ma la vastità che ha assunto sin dai primi mesi la contestazioneha in parte già contagiato la scuola elementare e gli studenti delle superiori e glistessi genitori. Nella scuola elementare, in cui ormai da anni le prove dell’Invalsi sistanno svolgendo, la contestazione degli insegnanti non ha mai raggiunto la soglia checonsentisse al fenomeno di assumere la caratteristiche di massa che la contestazione staraggiungendo quest’anno.La stessa iniziativa presa con determinazione e risolutezza dai Cobas della Scuolaè stata largamente superata e non si contano le scuole e le migliaia di insegnanti che sisono attivati a partire dall’input dato dai COBAS, ma il cui rapporto con i Cobas si riducecaso mai ad un passaggio nel loro sito Internet per utilizzare il modello di una delle lorodelibere o per informarsi di come sta andando l’operazione.I siti tradizionali dei movimenti della scuola sono colmi di materiale ad hoc e moltipartecipano alla elaborazione e diffusione del pensiero e dell’azione NO invalsi.In questo momento, tre giorni prima che abbiano inizio le prove di quest’anno (10/15maggio) lo stato delle cose è ancora molto ingarbugliato. Nelle numerose assemblee chesi svolgono sull’argomento i “materiali”, le riflessioni si moltiplicano ma sembra di trovarsinella situazione descritta da Don Milani nella quale ancora si crede che un carro armatosi realizza perché un po’ di ferraglia, qualche ruota, qualche bullone, qualche cingolo….siincontrano casualmente,si legano insieme e...guarda! Il carro armato è fatto.Credo sia utile per chi sta ricercando e lavorando su questo tema definire una IpotesiOperativa, magari provvisoria, che orienti e in qualche misura unifichi i contributi e illavoro. Io propongo di assumere, o comunque di discutere, la seguente ipotesi.“Un esercito internazionale di “esperti” formato da personale proveniente dal mondo
della finanza, dalla economia accademica e bancaria, statistici e ricercatori mercenari,consapevoli, convinti, o ricattati ha maturato ormai una esperienza, una filosofia mondialedi grande successo e di fallimenti debitamente occultati.I generali di questo esercito non debbono in nessun caso far parte della scuola esercitatae pensante, devono essere completamente alieni ai saperi e alle conoscenze dellescienze pedagogiche e quelle ad essa attinenti, massimamente disinteressate ai modellied agli stili di apprendimento di bambini e dei giovani (nel loro vocabolario vengono
Alla maniera di George Clooney 325 giorni l’anno nel film “Tra le nuvole”
chiamati “capitale umano”, gli apprendimenti sono per loro “valore aggiunto”: difficileassistere ad una pratica di reificazione così radicale e assoluta) e soprattutto in gradodi rivendicare la loro estraneità a tutte le conoscenze che l’umanità ha elaborato eaccumulato sia in campo umanistico che in quello delle scienze sperimentali, checostituiscono il bagaglio e il retroterra culturale dell’azione educativa e della scuolapubblica in particolare a partire dall’illuminismo.Fornito di risorse economiche eccezionali e di una affinità e congenialità totale al piùscatenato liberismo e mercatismo esso viene chiamato e assunto, dai singoli statiNazionali e sempre più spesso messo alla testa delle istituzioni sovrannazionali (in testaa tutte l’Ocse), a fornire argomenti ed ideologie che servano da alibi e motivazioni perchégli stati e le stesse istituzioni sovrannazionali possano procedere allo smantellamento deisistemi pubblici di pubblica istruzione e a tutti i servizi deputati a produrre, elaborare ediffondere cultura.”
Spero che su questa ipotesi si apra al più presto un confronto e intanto aggiungo leriflessioni di questi giorni su tre temi poco scavati dal movimento e che meriterebberoricerca di dati, informazioni e riflessioni autonome da quelle dei “padroni del vapore”.
Alcune questioni di fondo indispensabili a valutare l’operazione Invalsi
1)LA TERZIETA’, L’INDIPENDENZA E L’AUTONOMIATerzietà, indipendenza ed autonomia sono aspetti connessi tra loro. Nel caso dell’Invalsinon vi è il minimo grado di terzietà né di autonomia. Dal punto di vista statutario eistitutivo per l’Invalsi (art.3 D.L.vo 258/1999) è sancita la totale dipendenza dal Miure dal relativo Ministro. Dalla nomina delle cariche, ai finanziamenti, dai regolamentiagli importi degli stipendi dei dirigenti, dall’oggetto ai temi delle ricerche tutto è decisodall’unico “committente”, il MIUR.Il compito più importante e politicamente significativo assegnato dal decreto istitutivoall’Invalsi è quello di “valutare l’efficienza e l’efficacia del sistema di istruzione nelsuo complesso” (art. 1, comma 2). Chi è il maggior protagonista e responsabile delfunzionamento della scuola , se non il Ministero? Ci troviamo nel più smaccato caso “delcontrollore, controllato ”. L’Invalsi e i suoi dirigenti invocano il loro ruolo di ricercatori liberie responsabili ma possono lavorare solo ed esclusivamente sul mandato del committente,il solito ed unico MIUR.La stessa OCSE è tassativa, ed ossessiva, sul tema dell’autonomia degli enti di ricercao agenzie educative che debbono investigare sugli apprendimenti degli studenti e sugliesiti dei sistemi scolastici. Nella raccomandazione n. 3 si declama “ Raccomandiamo
l’istituzione di un sistema nazionale per la valutazione della formazione tecnica eprofessionale, definire standard nazionali appropriati e controllare i miglioramenti eistituzionali sulla base di questi standard. In tale sistema devono essere rappresentate leparti sociali a livello locale, regionale e nazionale.”“Sosteniamo l'opportunità di creare un sistema nazionale di valutazione indipendentecon il compito di esaminare l'efficacia delle riforme una volta che queste siano attuate”(raccom. 5.2)“Noi raccomandiamo che sia istituito un sistema di valutazione indipendente, che incentrila sua attività sulla definizione di parametri di valutazione, per mettere le scuole nella
condizione di autovalutarsi con riferimento a tali parametri” (raccomandazione 5.3) (Esame
delle politiche nazionali dell’istruzione:Italia OCSE - Armando Editore, 1998)Ma la cosa incredibile è che nello studio che costituisce il fondamento e l’impiantodell’attuale Invalsi e della sua attività (Checchi, Ichino e Vittadini) l’autonomia si riducealla prescrizione, peraltro disattesa, per cui “Le prove devono essere somministrate dapersonale esterno alla scuola e valutate centralmente in modo standardizzato”che acorreggere le prove non debbano essere gli insegnanti della stessa scuola, ma “Ricorrere
a professori di scuole di altra regione, selezionati casualmente e ai quali non vengacomunicata l’origine delle prove da correggere” o “Studenti universitari iscritti ai corsi didottorato”
Ossia l’autonomia si riduce ad un esercito di “somministratori e correttori” soldatiniinconsapevoli agli ordini del MIUR direttamente e tramite i dirigenti dell’Invalsi.Tutta la storia assume l’aspetto della grottesca cialtroneria ministeriale se, comedocumenta Sergio Rizzo (Il Corriere della Sera 5 giugno, 2008 ), il Presidente dell’Invalsidott. Cipollone, oggi dimissionario, è stato nominato dal Ministro Gelmini nel 2008, in basead una terna di candidati valutati da una commissione ad hoc ed era stato valutato con ilgiudizio più basso dei tre. Alla dipendenza formale, istituzionale, economica si aggiunge ladipendenza clientelare dalla ministra meritocratica.Una prima verifica di questa totale mancanza di terzietà ed autonomia lo possonoconstatare tutti i cittadini italiani di buon senso che dovendo indagare “ efficacia e efficacesistema scolastico” sugli apprendimenti si sarebbero aspettati che le ricerche avrebberomesso in relazione alcune condizioni specifiche in cui opera la scuola italiana con l’esitodegli apprendimenti, in una connessione da tutti intuibile ma che sarebbe necessariomisurare. Per esempio:1) L’effetto sugli apprendimenti in classi i cui insegnanti sono precari rispetto ai fortunatistudenti che invece non subiscono il fenomeno. Gli insegnanti precari sono il 15% deidocenti e insegnano nel 50% delle classi circa. Ci sono casi limite in cui il 90% dei docentidella scuola, per più anni consecutivi, sono precari.2) L’effetto sull’apprendimento di studenti che sono in classi di 20 alunni confrontato conquelli che stanno in classi di 30/35 studenti.3) L’effetto sull’apprendimento per gli studenti pendolari (sono circa il 70% degli studentidelle superiori) rispetto a quelli che devono prendere un autobus per 3/4 fermate in città.4)L’effetto sugli apprendimenti degli studenti che stanno in scuole e classi in cui nonvengono chiamati i supplenti e che perdono dal 10 al 20 % del tempo scuola in un anno,confrontati con quelli che frequentano scuole in cui i supplenti vengono chiamati nel caso ildocente titolare sia assente e non perdono nemmeno un’ora del tempo scuola.In 12 anni di esistenza l’Invalsi non si è mai fatto nemmeno venire l’idea che questipotrebbero essere problemi degni di una qualsiasi ricerca.
2) Nel merito delle proveLa valutazione degli apprendimenti in forma “oggettiva e standardizzata” nella filosofiadell’invalsi richiede una parcellizzazione estrema delle competenze, dei saperi e delleconoscenze da indagare. L’esito di questa polverizzazione dei saperi e semplificazionerende le prove assolutamente inadeguate per la rilevazioni e la misurazione dellacomprensione e degli apprendimenti. In alternativa, quando le risposte (per esempio nelle
prove di comprensione della lettura nel 2010 nelle classi seconde delle elementari) sonolegate alla comprensione del testo, non sono mai sbagliate e spesso 4 risposte su 4 sonopertinenti, legittime e sostanzialmente giuste. I bambini invece dovevano sceglierne unasola giusta e le atre erano ritenute sbagliate dal povero compilatore.Sempre nel caso in esame (Prove di comprensione della lettura nelle classi secondeelementari nel 2010) l’insipienza dell’Invalsi raggiunge il colmo: il testo oggetto delledomande è una favola con tutte le caratteristiche e la complessità del registro favolistico,e la ricchezza di metafore del testo/favola (le formiche che sudano, il moscerino e leformiche che dialogano). Un bambino competente nella lettura e nella comprensioneavrebbe scelto di usare lo stesso registro della favola e quindi inventare altre risposte oltrele 4 proposte, anch’esse tutte sostanzialmente giuste. Ma insipienza e incompetenzadell’Invalsi a parte, è la filosofia del testing che fa produrre domande e risposte irrilevantie inadeguate sia a misurare le conoscenze e ancor meno le competenze. Gardner, unodei maggiori pedagogisti americani, sostiene che decenni di somministrazioni di milioni ditest a milioni di studenti non sono serviti né a conoscere quello che gli studenti sanno econoscono né soprattutto come arrendono e quanto capiscono. (Howard Gardner, HarvardUniversity, “Educare al Comprendere” Feltrinelli 2001).Ma l’influenza dei test come strumento di valutazione e misurazione è destinata adiventare letale per interi sistemi scolastici quando, come avverte e documenta unaabbondante letteratura, si sviluppa il Teaching to the test, ossia gli insegnanti impegnanoin misura sempre maggiore il loro tempo nell’addestramento al superamento delle prove.Questo sta succedendo già nella scuola elementare italiana nella quale dilaganoi testi destinati all’addestramento ai test. L’azione dei test ha anche una ulterioreinfluenza sui sistemi scolastici impoverendo i programmi d’insegnamento, le disciplinee le loro complessità la cui lettura e interpretazione dovrebbe essere uno dei compitifondamentali della scuola. Una delle derive a cui si rischia di arrivare, e in Italia ci siamogià arrivati con gli esami del terzo anno della scuola secondaria di primo grado, quandosi comincia a sostituire, magari gradualmente, la valutazione educativa e pedagogica conquella “oggettiva e standardizzata”.
3) Per una valutazione del sistema scolastico trasparente e democratica.Il primo rischio da eliminare è quello di sostituire l’attività di valutazione degliapprendimenti fatta dai docenti e strettamente intrecciata all’insegnamento e alle attivitàscolastiche al punto che gli studenti e gli alunni scrutano mentre parlano, mentre sonointerrogati o mentre il docente legge i loro lavori, il viso dei loro insegnanti per intuirneil giudizio, con l’attività di testing, o in qualsiasi altra forma “oggettiva e standardizzata”.L’attività di valutazione ed il giudizio sono fondanti e indispensabili per dare senso edirezione all’intera, complessa attività di insegnamento.E’ indispensabile che l’attività di valutazione degli apprendimenti sia rivendicata al ruoloesclusivo dei docenti, sia nei momenti individuali che quelli in quelli collettivi o collegiali,caratteristica originale del nostro sistema scolastico, il Consiglio di classe, il teamdocente. Persino il Collegio dei Docenti per tutti i compiti assegnati dall’articolo 7 del T.U.presuppone questa valutazione degli apprendimenti fino al punto che: il C.d.D. “esamina,
allo scopo di individuare per ogni possibile recupero, i casi scarso profitto e/o di irregolarecomportamento degli alunni, su iniziativa dei docenti della rispettiva classe…”.
Si è già detto quanto l’Invalsi sia una mera appendice del MIUR, ancora menoautonoma di una qualsiasi Direzione Generale dello stesso Ministero, ma vale anche lapena di sottolineare il suo carattere tecnocratico ed autoreferente. Gli attuali dirigentisi autoproclamano, in larghissima parte, “economisti” e statistici e rivendicano non solola loro estraneità alla scuola e al mondo dell’Istruzione che non sia quello accademico,ma proclamano anche la inutilità di ogni conoscenza relativa ai meccanismi attraverso iquali i giovani apprendono, cosa e in quali modi apprendono, quali sono i contesti sociali,emotivi, istituzionali che facilitano l’apprendimento…un rifiuto protervo e spocchioso nonsolo della pedagogia, della filosofia, della didattica e dell’umanesimo di cui sono il frutto,ma delle stesse scienze sociali e sperimentali che ormai le contornano. Nelle ponderosebibliografie dei libri scritti da loro mai che venga citato un Platone, Socrate, Dewey,Vigotsky, Lurja, Piaget, Montessori, Morin, Bruner…..la loro ignoranza ed estraneità vienesbandierata.Il dott. Ricci (Dirigente dell’Invalsi) è riuscito a mandare in bestia i genitori dellascuola Parini di Roma, che lo avevano invitato a partecipare ad una loro assembleaper conoscere da lui l’Istituto, quando dopo l’appassionato racconto di una maestradell’esperienza dell’anno precedente (2010) della frustrazione che avevano subito ibambini di seconda elementare e che gli chiedeva ragione di quanto una bambina avevapagato in termini di autostima, Lui rispondeva infastidito che era uno “statistico” e nonsapeva né di scuola né di autostima e che coloro che avevano approntato i quiz eranorinomati professori esterni all’Invalsi. Non c’è niente da fare: è proprio come chiedere aduno “professionista” di misurare una distanza e quello si presenta con un recipiente da unlitro.La comprovata incapacità dell’Invalsi non gli impedirà di somministrare milioni di testa milioni di studenti su commissione del MIUR, e di produrre migliaia di tabelle, grafici,istogrammi, decine di “report” e libri utilissimi per parlar male “scientificamente” dellascuola, degli studenti, degli insegnanti e fornire ai governi di oggi e di domani le “ragioni”per realizzare gli ulteriori tagli, argomentare la già decisa dismissione della scuolapubblica.Resta da riflettere sulla “valutazione di sistema” del sistema scolastico che la leggeistitutiva affida all’Invasi con l’efficace denominazione Istituto Nazionale per la Valutazionedel sistema dell’Istruzione ribadita dal comma 3 dell’articolo 1: “l’Istituto valuta l’efficienzae l’efficacia del sistema di istruzione nel suo complesso”. Credo che sia ampiamentecondiviso che un tale compito non può essere svolto che all’interno di un processodemocratico, popolare chiaro e trasparente, proprio l’esatto contrario di come è andato aconfigurarsi l’Invalsi tecnocratico, autoreferente, autarchico, tutto interno e subalterno almaggior responsabile del “sistema “ che dovrebbe valutare.“Il Consiglio d’Istituto, sulle materie di sua competenza, invia annualmente una relazioneal Provveditore agli studi e al Consiglio Provinciale Scolastico” Comma 9 articolo 10 delT.U.)Queste stesso compito veniva ripetuto per tutti gli organi collegiali territoriali (Consiglio didistretto, Consiglio Provinciale fino al Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione), primache il Ministro Berliguer nel 2000 sopprimesse tutti Organi Collegiali Territoriali.Questo concetto, a mio parere, è la chiave di volta per un processo di valutazionedel sistema scolastico, un percorso partecipato democratico, pubblico, fondativo per
una “valutazione di sistema”.Un percorso articolato per ordine di scuola, territorialmente, alla cui guida sianogli Organi Collegiali composti da tutte le componenti della scuola studenti, genitori,insegnanti, personale non insegnante e rivolto e partecipato ai cittadini e ai decisori politici.Il modello potrebbe essere in parte quello che già avviene nel sistema giudiziario con leaperture dell’anno giudiziario, meno paludato, con più partecipazione. D’altronde senza partecipazione, senza interesse, senza responsabilità democratica, senza amore per lacosa pubblica non è solo la scuola pubblica a rischiare la morte civile. Di questo percorso potrebbero far parte anche le ricerche svolte da Università, Enti eagenzie educative autonome e indipendenti ma i cui committenti siano sempre gli Organi Collegiali, ma anche il Parlamento. Di sicuro non potrebbero essere i governi.


Roma, 17 maggio 2011
Piero CastelloMaestro Cobas

sabato 7 maggio 2011

Petizione su invalsi e alunni diversamente abili

La petizione si può firmare a questo link:
http://www.petizionionline.it/petizione/linvalsi-non-vuole-alunni-disabili-in-classe/4055

Dopo aver preso in ostaggio la Scuola pubblica italiana (ciò che ne rimane) per quattro giorni consecutivi (quest’anno dal 10 al 13 Maggio); dopo aver persuaso i suoi docenti e le sue docenti (una parte significativa di loro) a interrompere il proprio lavoro per giocare (ancora) al FACCIAMOCIDELMALE; dopo aver spacciato – per il tramite dell’Istituzione scolastica – per obbligatorie le attività di somministrazione e correzione dei propri test; dopo aver investigato tra gli scaffali e i conti correnti delle famiglie; dopo questi ed altri numeri di illusionismo, la banda dell’INVALSI (in associazione coi loro “pali” al Ministero) ha assestato un altro brillante colpo al diritto all’istruzione: ha affermato (dopo decenni di scuola dell’inclusione) la secondarietà di alcuni alunni e alunne rispetto ad altri/e. “Le prove personalizzate non devono essere inviate all’INVALSI, né, tantomeno, i dati a esse relativi”, e dunque: “Fuori gli/le insegnanti di sostegno! Fuori i bambini e le bambine ‘meno uguali’! O se proprio devono stare dentro, zitti e mosca, e lavorare! E sul loro test ci mettiamo un bel codice di riconoscimento, che non si mescoli con gli altri!”.
Metterla così sembra brutale, ma a leggere la recente nota INVALSI sullo svolgimento delle prove 2010-2011 per gli allievi con bisogni educativi speciali, la si può mettere solo peggio- http://www.invalsi.it/snv1011/documenti/Nota_sugli_alunni_con_particolari_bisogni_educativi.pdf.
Dopo che la cattiva coscienza ha suggerito agli estensori di tale documento di disseminare il testo di ipocrisie benaugurali come “la più larga inclusione possibile” e simili, subito in Premessa si scrive che “le prove SNV […] non sono finalizzate alla valutazione individuale degli alunni, ma al monitoraggio dei livelli di apprendimento conseguiti dal sistema scolastico, nel suo insieme e nelle sue articolazioni.” Il che equivale a dire più o meno: non vi preoccupate, non ci interessano i livelli di apprendimento di alunni e alunne con disabilità o DSA, e non ci interessa nemmeno come il sistema scolastico ha lavorato con loro.
Occorre ricordare che l’ammissione di alunni e alunne ai test è una decisione che l’INVALSI rimette alla dirigenza scolastica, lavandosene le mani, non accennando neppure a consigli di classe o a gruppi operativi che pure avrebbero tutti gli elementi necessari per prendere decisioni in merito. Per l’INVALSI “la valutazione del singolo caso può essere effettuata in modo soddisfacente solo dal Dirigente scolastico”.
A breve distanza nel testo, con un refrain che riccorre con insistenza paranoica, si giustifica un simile approccio separatista richiamando l’attenzione sulla necessità di “consentire il rispetto del protocollo di somministrazione delle prove, garanzia della loro affidabilità e attendibilità”. L’individualizzazione del percorso educativo deve cedere il passo al principio di standardizzazione, l’insegnante di sostegno deve interrompere il proprio servizio, tutte le buone prassi educative della nostra scuola devono impallidire e adattarsi all’ospite INVALSI, al suo protocollo e ai suoi complessi di attendibilità.
Si dirà che l’insegnante di sostegno può sempre portare l’alunno o l’alunna in un’altra aula (se ce ne sarà una libera) e lì mettere in pratica quei normali strumenti dispensativi che invece l’INVALSI vieta di adoperare in classe durante le prove (leggere a voce alta il testo del quiz, ad esempio).
La richiesta, di per sé assurda, lo è a maggior ragione se è fatta (come in questo caso) da un ospite non invitato che considera plausibile (quando non auspicabile o persino obbligatorio) ciò che nella quotidianeità della vita scolastica non accade mai: che un alunno o una alunna escano dalla classe in quanto “incompatibili” con un protocollo.
Poca retorica: non possiamo non pensare a quel che potrebbe accadere nei prossimi giorni di test ad alunne e alunni normalmente seguiti da insegnanti di sostegno. Di colpo subiranno una sospensione delle regole. Se dovessero protestare, come è loro diritto, cosa gli racconteremo? Se pretenderanno di restare in classe anche loro, come è loro diritto; se, come i loro compagni e le lro compagne, vorranno avere tra le mani uno di questi magici fascicoli in grado di far diventare grandi i piccini e piccoli i grandi, come ci comporteremo? E poi, come e a che prezzo gestiranno la loro frustrazione quando dovremo accompagnarl* fuori? E se invece faranno la prova da sol* in classe, chi l* risarcirà per l’ansia e la fatica di un test che viene loro presentato come “importantissimo” e che dovranno affrontare senza il sostegno a cui hanno diritto?
La prossima settimana, in occasione delle prove-non-obbligatorie dell’INVALSI, pretendiamo che alunni e alunne restino in classe a fare scuola vera, pretendiamo di svolgere a pieno la nostra funzione di insegnanti di sostegno (insegnanti dell’intera classe) e pretendiamo infine che ogni richiesta di venir meno ai nostri obblighi di servizio ci venga messa per iscritto. Così facendo tuteleremo i nostri diritti di lavoratori e quelli all’istruzione di alunni e alunne del nostro sistema scolastico. Per i medesimi motivi rimandiamo al mittente tutti i tentavi che in questi giorni vengono compiuti di precettare gli insegnanti e le insegnanti di sostegno per la correzione delle prove INVALSI; ribadiamo che siamo pienamente consapevoli che queste prove sono un abuso didattico e che non sussiste alcuna obbligatorietà; difendiamo la nostra dignità davanti a quei dirigenti scolastici che l’hanno oramai perduta arrivando a promettere (spesso sapendo di non poter mantenere tali promesse) denaro del FIS che sarebbe illegittimo (oltre che meschino) usare in questo modo.