martedì 19 aprile 2011

Prove Invalsi: perché non fanno bene alla scuola pubblica

Un documento dell'Istituto comprensivo San Girolamo di Venezia


Ecco perché le prove INVALSI non

fanno bene alla Scuola Pubblica

_ sono uno strumento solo

apparentemente oggettivo;

_ producono una cultura

nozionistica e superficiale -

il contrario di quanto si è andato

affermando nella scuola:

approfondimento, collaborazione,

progettazione, verifiche mirate;

_ provocano ansia e agevolano

solo alcuni, tagliando fuori i più

abituati a contestualizzare,

chiarire e approfondire;

_ non tengono conto delle varie

e diverse intelligenze;

_ risultano estranei alle

progettazioni delle varie scuole

che sono invece spesso legate al

territorio e sono importati dai paesi

anglosassoni proprio quando questi

stanno cercando di liberarsene;

_ spingono a standardizzare

l'insegnamento, uniformando

le scelte didattiche alle richieste

dei test, senza più tener conto

delle caratteristiche del territorio,

delle singole classi e dei singoli

alunni;

_ creando classifiche diventano

motivo discriminante tra classi

e insegnanti;

_ spingono i docenti a modificare

la propria programmazione,

elaborata sulla realtà concreta

della classe, piegandola invece

all’addestramento ai quiz;

_ rischiano di fornire un quadro

distorto della realtà “scuola”

poiché sono strumenti inadeguati

a valutare il merito degli studenti

e degli insegnanti.;

_ spingono i docenti a modificare

la propria programmazione,

elaborata sulla realtà concreta

della classe, piegandola invece

all’addestramento ai quiz.

_ nelle ore di lezione i docenti

dovrebbero svolgere altre attività

regolarmente programmate,

in particolare nel mese di maggio,

momento delicatissimo per

gli studenti che non dovrebbero

essere distratti dalla preparazione

ai test Invalsi ma concentrare

tempo ed energie per lo studio

e il raggiungimento degli obiettivi

didattici programmati.

Cosa sono i test INVALSI

Il Ministero dell’Istruzione ha deciso

che gli studenti di tutte le classi 2°

e 5° delle scuole primarie (11 e 13

maggio), tutte le classi 1° (12 maggio)

e le 3° (esame di stato) delle scuole

medie e tutte le classi 2° delle scuole

superiori (10 maggio) dovranno

essere sottoposti ad una serie di test

per verificare le loro competenze

in italiano e matematica. I risultati

dei test andranno a determinare

un “punteggio” assegnato ad ogni

istituto scolastico. L’agenzia che

organizza questo lavoro si chiama

INVALSI, Istituto Nazionale per la

Valutazione del Sistema educativo

e di formazione. Per questo i test

sono chiamati “prove Invalsi”.

Testare il sistema o costruire

gerarchie?

Se le prove Invalsi avessero il solo

fine di “testare” il funzionamento

del sistema scolastico, sarebbero

state somministrate “a campione”

come oggi avviene con i dati PISA

(che confrontano le performance

dei sistemi scolastici di vari Paesi),

così avremmo un’idea “in generale”

sulla qualità dell’istruzione in

periferia e in centro città, al Sud

o al Nord. Al contrario le prove Invalsi

vengono somministrate in ogni

scuola in modo censuario, creando

così una classifica, presupposto

a una divisione in scuole di serie A e

serie B.

I “premi” solo al 25% delle scuole

Dal “progetto sperimentale per la

valutazione delle scuole” varato dal

Ministero nel novembre 2010: “alle

scuole che si collocano nella fascia

più alta della graduatoria (massimo

25% del totale) verrà assegnato un

premio di importo significativo (fino

ad un massimo di 70.000 euro a

scuola in base al numero degli

insegnanti).”. Questi premi non

servono ad incentivare alcun

miglioramento, dato che una scuola

di “serie B” dipende dal tipo di utenza

che la frequenta -classe sociale,

famiglia, ambiente- più che dalla

qualità dell’insegnamento.

Una scuola pubblica che vuol

garantire pari condizioni di accesso

all’istruzione, deve dirigere gli

investimenti e gli “aiuti” non alle

scuole “di successo”, perché non ne

hanno bisogno ma, al contrario, a

quelle con maggiori problematicità.

La Repubblica si impegna a

rimuovere gli ostacoli di ordine

economico e sociale, che, limitando

di fatto la libertà e l’eguaglianza dei

cittadini, impediscono il pieno

sviluppo della persona umana?

Gli studenti in difficoltà?

Un peso morto

L'importanza del punteggio spingerà

le scuole a scoraggiare la frequenza

degli studenti in difficoltà poiché

questi penalizzerebbero il punteggio

complessivo di quella scuola. Inoltre

tra i compiti dell’Invalsi c’è quello

di suggerire al Ministero metodi

per differenziare i docenti in base

al “merito”. Ciò indurrà i docenti ad

un atteggiamento ostile nei confronti

di tutti gli studenti in difficoltà.

Una didattica piegata alla soluzione

dei test – “teaching to test”

Nei Paesi anglosassoni, dove se

ne fa grande uso, la didattica è stata

“piegata” all’esigenza di superare

i test proprio perché dai loro risultati

dipendono qualità dell’utenza,

finanziamenti e stipendi. Sono i test

che comandano sulla didattica.

Già oggi fioriscono le pubblicazioni

di testi di preparazione all' Invalsi e

una parte del tempo in terza media

è dedicata all' “allenamento”

per il superamento di questi test.

Cosa accadrà quando da quei

risultati dipenderanno finanziamenti

e stipendi?

Esistono competenze e abilità

che i test non possono misurare

Esistono molti dubbi sulla possibilità

che hanno i test di valutare gli

apprendimenti. I test valutano

la nozione più del ragionamento,

il dato più del processo. Non possono

misurare: la capacità di riflessione

critica, la capacità di esporre il

pensiero, il livello di partenza

e quello di arrivo, la partecipazione.

Misurando solo l’acquisizione

di una serie di dati, stimolano una

frammentazione della didattica.

Esaltando la performance personale

spingono alla competizione a scapito

della cooperazione.

Le prove Invalsi sono

particolarmente negative nella

scuola primaria

I bambini/e della scuola primaria,

dove l'educazione prevale sulla

didattica, non sono abituati a

verifiche di questo tipo, con uso

di cronometro, ma al ragionamento

e alla riflessione. Il linguaggio delle

prove richiede capacità di

concentrazione e comprensione.

Lo sforzo mentale necessario per

passare da un campo cognitivo

all’altro, da un concetto ad un altro,

crea in alcuni casi stati di ansia.

Il tempo di somministrazione è

troppo limitato.

Per l’Invalsi i bambini e le bambine

con disabilità, i bambini

e le bambine di altra cultura,

sono invisibili.

Per questi motivi non manderemo

i nostri figli a scuola nei giorni

11 e 13 maggio alle primarie

e 12 maggio alle medie e vi invitiamo

a difendere la scuola pubblica

facendo lo stesso.

Approvato dalla Componente

Genitori del Consiglio

di Istituto San Girolamo

con 1 astenuto