Un documento dell'Istituto comprensivo San Girolamo di Venezia
Ecco perché le prove INVALSI non
fanno bene alla Scuola Pubblica
_ sono uno strumento solo
apparentemente oggettivo;
_ producono una cultura
nozionistica e superficiale -
il contrario di quanto si è andato
affermando nella scuola:
approfondimento, collaborazione,
progettazione, verifiche mirate;
_ provocano ansia e agevolano
solo alcuni, tagliando fuori i più
abituati a contestualizzare,
chiarire e approfondire;
_ non tengono conto delle varie
e diverse intelligenze;
_ risultano estranei alle
progettazioni delle varie scuole
che sono invece spesso legate al
territorio e sono importati dai paesi
anglosassoni proprio quando questi
stanno cercando di liberarsene;
_ spingono a standardizzare
l'insegnamento, uniformando
le scelte didattiche alle richieste
dei test, senza più tener conto
delle caratteristiche del territorio,
delle singole classi e dei singoli
alunni;
_ creando classifiche diventano
motivo discriminante tra classi
e insegnanti;
_ spingono i docenti a modificare
la propria programmazione,
elaborata sulla realtà concreta
della classe, piegandola invece
all’addestramento ai quiz;
_ rischiano di fornire un quadro
distorto della realtà “scuola”
poiché sono strumenti inadeguati
a valutare il merito degli studenti
e degli insegnanti.;
_ spingono i docenti a modificare
la propria programmazione,
elaborata sulla realtà concreta
della classe, piegandola invece
all’addestramento ai quiz.
_ nelle ore di lezione i docenti
dovrebbero svolgere altre attività
regolarmente programmate,
in particolare nel mese di maggio,
momento delicatissimo per
gli studenti che non dovrebbero
essere distratti dalla preparazione
ai test Invalsi ma concentrare
tempo ed energie per lo studio
e il raggiungimento degli obiettivi
didattici programmati.
Cosa sono i test INVALSI
Il Ministero dell’Istruzione ha deciso
che gli studenti di tutte le classi 2°
e 5° delle scuole primarie (11 e 13
maggio), tutte le classi 1° (12 maggio)
e le 3° (esame di stato) delle scuole
medie e tutte le classi 2° delle scuole
superiori (10 maggio) dovranno
essere sottoposti ad una serie di test
per verificare le loro competenze
in italiano e matematica. I risultati
dei test andranno a determinare
un “punteggio” assegnato ad ogni
istituto scolastico. L’agenzia che
organizza questo lavoro si chiama
INVALSI, Istituto Nazionale per la
Valutazione del Sistema educativo
e di formazione. Per questo i test
sono chiamati “prove Invalsi”.
Testare il sistema o costruire
gerarchie?
Se le prove Invalsi avessero il solo
fine di “testare” il funzionamento
del sistema scolastico, sarebbero
state somministrate “a campione”
come oggi avviene con i dati PISA
(che confrontano le performance
dei sistemi scolastici di vari Paesi),
così avremmo un’idea “in generale”
sulla qualità dell’istruzione in
periferia e in centro città, al Sud
o al Nord. Al contrario le prove Invalsi
vengono somministrate in ogni
scuola in modo censuario, creando
così una classifica, presupposto
a una divisione in scuole di serie A e
serie B.
I “premi” solo al 25% delle scuole
Dal “progetto sperimentale per la
valutazione delle scuole” varato dal
Ministero nel novembre 2010: “alle
scuole che si collocano nella fascia
più alta della graduatoria (massimo
25% del totale) verrà assegnato un
premio di importo significativo (fino
ad un massimo di 70.000 euro a
scuola in base al numero degli
insegnanti).”. Questi premi non
servono ad incentivare alcun
miglioramento, dato che una scuola
di “serie B” dipende dal tipo di utenza
che la frequenta -classe sociale,
famiglia, ambiente- più che dalla
qualità dell’insegnamento.
Una scuola pubblica che vuol
garantire pari condizioni di accesso
all’istruzione, deve dirigere gli
investimenti e gli “aiuti” non alle
scuole “di successo”, perché non ne
hanno bisogno ma, al contrario, a
quelle con maggiori problematicità.
La Repubblica si impegna a
rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che, limitando
di fatto la libertà e l’eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana?
Gli studenti in difficoltà?
Un peso morto
L'importanza del punteggio spingerà
le scuole a scoraggiare la frequenza
degli studenti in difficoltà poiché
questi penalizzerebbero il punteggio
complessivo di quella scuola. Inoltre
tra i compiti dell’Invalsi c’è quello
di suggerire al Ministero metodi
per differenziare i docenti in base
al “merito”. Ciò indurrà i docenti ad
un atteggiamento ostile nei confronti
di tutti gli studenti in difficoltà.
Una didattica piegata alla soluzione
dei test – “teaching to test”
Nei Paesi anglosassoni, dove se
ne fa grande uso, la didattica è stata
“piegata” all’esigenza di superare
i test proprio perché dai loro risultati
dipendono qualità dell’utenza,
finanziamenti e stipendi. Sono i test
che comandano sulla didattica.
Già oggi fioriscono le pubblicazioni
di testi di preparazione all' Invalsi e
una parte del tempo in terza media
è dedicata all' “allenamento”
per il superamento di questi test.
Cosa accadrà quando da quei
risultati dipenderanno finanziamenti
e stipendi?
Esistono competenze e abilità
che i test non possono misurare
Esistono molti dubbi sulla possibilità
che hanno i test di valutare gli
apprendimenti. I test valutano
la nozione più del ragionamento,
il dato più del processo. Non possono
misurare: la capacità di riflessione
critica, la capacità di esporre il
pensiero, il livello di partenza
e quello di arrivo, la partecipazione.
Misurando solo l’acquisizione
di una serie di dati, stimolano una
frammentazione della didattica.
Esaltando la performance personale
spingono alla competizione a scapito
della cooperazione.
Le prove Invalsi sono
particolarmente negative nella
scuola primaria
I bambini/e della scuola primaria,
dove l'educazione prevale sulla
didattica, non sono abituati a
verifiche di questo tipo, con uso
di cronometro, ma al ragionamento
e alla riflessione. Il linguaggio delle
prove richiede capacità di
concentrazione e comprensione.
Lo sforzo mentale necessario per
passare da un campo cognitivo
all’altro, da un concetto ad un altro,
crea in alcuni casi stati di ansia.
Il tempo di somministrazione è
troppo limitato.
Per l’Invalsi i bambini e le bambine
con disabilità, i bambini
e le bambine di altra cultura,
sono invisibili.
Per questi motivi non manderemo
i nostri figli a scuola nei giorni
11 e 13 maggio alle primarie
e 12 maggio alle medie e vi invitiamo
a difendere la scuola pubblica
facendo lo stesso.
Approvato dalla Componente
Genitori del Consiglio
di Istituto San Girolamo
con 1 astenuto